In un recentissimo lavoro pubblicato su Nature Microbiology è stato descritto un ceppo di Enterobacter cloacae che ospitava una sottopopolazione altamente resistente alla colistina, farmaco di ultima generazione nel trattamento delle infezioni di questi batteri.
Questa sottopopolazione diventava predominante durante il trattamento con la colistina, e tornava marginale dopo la rimozione dell’antibiotico.
Durante infezioni sperimentali in topo, ma in assenza di colistina, le difese immunitarie innate dell’ospite determinavano una maggiore frequenza della sottopopolazione resistente, con conseguente inefficacia della successiva terapia con colistina.
Un altro ceppo con una minore frequenza di sottopopolazione colistina-resistente, oltre a causare il fallimento della terapia, era erroneamente classificato come sensibile dalle attuali tecniche di diagnostica, quando isolato in laboratorio.
Questi dati dimostrano la capacità di sottopopolazioni batteriche resistenti, a bassa frequenza, di contribuire attivamente alla resistenza agli antibiotici di ceppi apparentemente sensibili.
Inoltre, potrebbero chiarire la causa del fallimento, spesso enigmatico, della terapia antibiotica ed evidenziano la necessità di disporre di tecniche di diagnostica sempre più sensibili.
Per maggiori informazioni http://www.nature.com/articles/nmicrobiol201653